Periodo 1779 - 1789

(da riserva di caccia a centro modello  per lo sviluppo della manifattura della seta)

Parte della popolazione di San Leucio aveva iniziato spontaneamente a praticare la tessitura della seta: si trattava di una attività artigianale tradizionalmente diffusa nella regione ed eseguita a domicilio.

Dal 1778, invece, Ferdinando IV cerca attraverso una serie di esperimenti e tentativi di impiantare nella riserva reale una vera e propria manifattura serica a carattere industriale, preoccupandosi personalmente di introdurvi i più recenti ritrovati tecnici, moderni macchinari ed anche nuovi concetti nella lavorazione del prezioso materiale. L’interesse del sovrano non nasce casualmente con questo episodio, ma prende le mosse dalle considerazioni dei teorici illuministi che, nei loro propositi di riforma globale, avevano già da tempo individuato  nello sviluppo delle attività legate alla seta, uno dei più efficaci mezzi per la rinascita economica del Mezzogiorno e nel protezionismo delle manifatture reali la condizione necessaria alla riuscita dell’impresa.

Vengono avviate così nel 1780 le scuole e le manifatture di San Leucio, del Carminello, della Purità, di San Giuseppe a Chiaia e di S. Egidio in Napoli, di Reggio e Villa San Giovanni in Calabria, seguite da quelle di Portici e del Real Albergo de’ Poveri nella capitale e da altre nei maggiori centri del regno.

Parallelamente si assiste alla graduale introduzione delle nuove macchine, come il “Mangano a ruota idraulica” e il “Filatoio ad acqua”, che dovevano portare al rivoluzionamento degli antichi metodi di lavorazione; alla sperimentazione di nuove tecniche ed alla formazione di maestranze specializzate. Fra tutte le Manifatture Reali, quella che gode dei maggiori privilegi e delle continue cure da parte di Ferdinando IV è proprio San Leucio: dopo aver considerato il sito come la migliore delle sue riserve di caccia ed averne fatto la propria residenza elettiva e rifugio prediletto, il re ne fa la punta avanzata della sua politica industriale; vi impianta la propria azienda privata intervenendo, più che da monarca illuminato, da vero e proprio imprenditore, con un interessamento personale che va ben oltre i normali compiti e doveri di un regnante.

Queste attenzioni del sovrano possono nascondere il desiderio di una fuga dalle pesanti responsabilità dello stato e dell’ambiente della corte, ma riflettono anche la genuina intenzione di creare, in un sito privilegiato e con esclusivo merito personale, un centro produttivo all’avanguardia.

Per far fronte alle sopraggiunte esigenze di reperimento di nuovi spazi atti alla produzione tessile, all’abitazione e all’istruzione dei numerosi quadri, Ferdinando promuove a San Leucio una seconda serie di interventi; questi lavori, affidati all’architetto Collecini, comprendono una nuova ristrutturazione del Belvedere, la realizzazione della filanda (iniziata nel 1783), di un filatoio (iniziato nel 1787), e di altri opifici, e la costruzione dei due quartieri operai di San Carlo e San Ferdinando, i cui lavori, incominciati nel 1786, si protrarranno a lungo.

La prima fase di allestimento della fabbrica, che vede la trasformazione dell’antico Casino in “Edificio della Seta”, termina nel 1789. Diventa una sorta di centro direzionale, per le funzioni direttive, amministrative e rappresentative del centro, ospitando gli alloggi delle personalità e dei quadri dirigenti dell’azienda, oltre che gli appartamenti reali. Attorno alla corte interna vengono invece disposti tutti i locali tecnici, corrispondenti alle varie fasi del complesso ciclo della lavorazione della seta: la filanda e il filatoio trovano posto nel corpo di fabbrica settentrionale, dietro al quale viene successivamente costruita in aggiunta una seconda filanda. Nei sotterranei di quest’ala il sovrano fa disporre, nel 1787, un ingegnoso e avanguardistico sistema di ruote e leve che, utilizzando la forza motrice dell’acqua che arriva dall’acquedotto del Bosco, comunica il movimento agli aspi della trattura, ai valichi per la filatura, alle piante della torcitura, e all’incannatoio. In questo modo si realizza la meccanizzazione e l’industrializzazione di lavori, tradizionalmente eseguiti fino ad allora, sfruttando la sola energia dell’uomo. I fabbricati ad est e ad ovest del cortile contengono invece i locali per la tintura e la tessitura oltre che numerosi magazzini e depositi per i materiali.

Il naturale declivo della collina permette di non nascondere alla vista il Belvedere, ma di offrirne anzi una visuale che ne accentua l’effetto scenografico e la carica simbolica. Ciò è reso ancora più evidente dalla creazione della lunga scalinata e del piazzale che introducono all’edificio e che di fatto ne aumentano prospetticamente le dimensioni. Il fronte dell’antico castello baronale è poi inquadrato dall’arco del monumentale portale di accesso che segna l’entrata al villaggio manifatturiero. I nuclei per la residenza (quartiere San Carlo ad ovest e San Ferdinando ad est), rispetto al vialone centrale d’ingresso, sono costituiti da due lunghe file di case unifamiliari a schiera, che seguono l’andamento di un tracciato viario preesistente.

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