La rappresentazione si svolse, come cita testualmente nel frontespizio il libretto originale "in occasione di essersi portata la Maestà della regina ad onorare la nuova popolazione di Santo Leucio", e fu accolta, come narrano le cronache (Gazzetta Universale del 30 giugno 1789), con entusiastici consensi dagli ospiti presenti quali "Esser stati invitati con biglietto i Capi Corte, Segretari di Stato, Generali, Ministri Esteri, con i Cavalieri delle rispettive Nazioni presenti a Corte, la Serenissima Duchessa di Saxe-Weimar, Il Cardinale Spinelli, i Comandanti della Squadra Spagnuola, con circa 50 Ufficiali di essa e altrettante Dame e cavalieri, in tutto non più di 240 persone"; consensi che continueranno a sostenere il successo e l'importanza dell'opera, più e più volte rappresentata, e ripresa, nel corso degli anni nei teatri italiani ed esteri. In una lettera datata 27 febbraio 1794, inviata a Paisiello, prodotta da alcuni estasiati ammiratori torinesi che avevano assistito, nella loro città, alla sua Nina addirittura si sostiene che "La S.V. era in cielo quando compose quella divina musica, e noi pure siamo stati in cielo nel sentirla" ed ancora "Se tutte le musicali produzioni di oggi fossero come quelle della Nina, i maestri di musica si potrebbero a giusto titolo nominare estirpatori de' vizi, produttori delle virtù, correggitori dei costumi; e la musica meriterebbe ancora gli encomi e gli onori che i legislatori delle nazioni ed i virtuosi antichi popoli le attribuirono". Ma quali furono queste incredibili novità e riconosciute bellezze tanto decantate nell'opera in questione? Innanzitutto va segnalato il particolare momento storico che inquadra l'attività musicale di Giovanni Paisiello, nello spaccato tra settecento e ottocento, in un periodo, (quindi che si presenta) sul piano politico, gravido di attese e di importanti rivolgimenti sociali (avvenimenti che coinvolgeranno lo stesso Paisiello); e sul piano culturale, di grande attenzione e divulgazione artistica grazie a quei preziosi dibattiti su ragione e natura, oramai riferiti ad ogni campo del vivere sociale, che con lettere, proclami e "querelle" prima, e con le armate francesi dopo, coinvolgeranno il pensiero di tutta l'Europa. I musicisti italiani, sebbene ancora ancorati per vocazione o per forza a ruoli cosiddetti "artigianali", non potevano rimanere del tutto estranei alle nuove correnti ed alle particolari suggestioni offerte dal dibattito estetico presente negli altri paesi; forti di avere alle spalle una tradizione ben collaudata e decisamente incidente sui modelli formali ed ispirativi assunti anche dall'estero, i nostri autori spesso si posero in condizione recettiva, confrontandosi positivamente con i paesi che per mestiere ebbero a frequentare. Decisiva anche per Paisiello fu in tal senso l'esperienza assunta durante la sua lunga permanenza in Russia, presso la Corte della Zarina Caterina la Grande, come pure l'intenso, sia pur breve, soggiorno viennese compiuto a seguito del viaggio di rientro da Pietroburgo in Italia. Fu infatti proprio in questo periodo che il musicista raggiunse la più alta maturità, affinando mirabilmente il suo stile compositivo. Si osserva che forse proprio il distacco prolungato dall'Italia, nonché i contatti con altri generi e visioni letterarie e musicali, gli consentirono un'analisi più distaccata e globale sulle problematiche del melodramma italiano; tali osservazioni non lo trasformarono di certo in un radicale trasformatore; ma un sostanziale mutamento, una più sensibile e ricercata interpretazione spesa nel senso di attendere ad una maggiore coesione delle strutture e delle finalità drammatiche, compare proprio nelle opere, serie o buffe, composte in Italia dopo il rientro dalla permanenza in Russia. Particolare importanza assume in questo contesto la composizione della Nina pazza per amore in cui, sulla scia di visioni già accennate nelle opere appena precedenti (il riferimento va soprattutto alla bella Molinara) Paisiello mostra e condensa la sua particolare ricerca innovativo. Fondamentale la scelta di musicare un argomento già scritto da Joseph Marsollier des Vivitières per un'opera Comique francese "La Nina ou la folle par amour" commedia in un atto in prosa "mele & ariette" rappresentata alla Comèdie Italienne parigina nel 1786 con la musica di Nicolas Marie Dalayrac. Il testo, già tradotto in italiano nel 1788 da Giuseppe Carpani per un allestimento tenutosi a Monza, fu infine rivisto, per il nostro adattamento musicale, da Giovan Battista Lorenzi (che vi inserì tre pezzi suoi), noto librettista, nonché Direttore per la Comica del Real Teatrino di Corte di Caserta. Il modello ispirativo a cui attinge Paisiello appare quindi legato al genere della Comèdie Larmoyant, genere già sapientemente collaudato in Italia, fin dal 1760, dalla celebre "Cecchina o la bona figliola" di Niccolò Piccinni. La totale novità si osserva invece nel rispettare l'impostazione originale del testo e del genere musicale francese, utilizzando l'alternanza di parti in prosa e di momenti interamente cantati, procedimento questo estraneo al melodramma italiano. Ma i riferimenti alla Francia si fermano alla sola considerazione del testo, giacché l'impegno musicale prodotto da Paisiello impone il tessuto della nostra tradizione.
da un articolo di Marta Columbro sul libretto della Nina o sia la pazza per amore rappresentato nel Belvedere di San Leucio il 25-27-29 giugno 1999 in occasione della Leuciana Festival |
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