CAP. I - DOVERI NEGATIVI

§ I - Non si può offendere alcuno nella persona

§ II - Non si può offendere alcuno nella roba

§ III - Non si può offendere alcuno nella riputazione

 

CAP. II - DOVERI POSITIVI

DOVERI GENERALI

§ I - Ogn’uno deve far bene al suo simile, ancorché sia suo nemico

§ II - Il solo merito forma distinzione tra gl’individui di S. Leucio - Perfett’uguaglianza nel vestire. Assoluto divieto contra del lusso

DOVERI PARTICOLARI

§ I - Doveri verso il Sovrano

§ II - Doveri verso i Ministri

§ III - De’ Matrimoni

§ IV - Degli Sposi

§ V - De’ Padri di famiglia

§ VI - Leggi per la buona educazione de’ Figli

§ VII - Leggi di successione

§ VIII - De’ figli di famiglia

§ IX - De’ Fratelli

§ X - De’ Discepoli

§ XI - Dei Beneficati

§ XII - Dei Giovani

§ XIII - Dei vecchi

§ XIV - Dei Seniori del Popolo, Tempo di eligerli, e loro doveri

§ XV - Dell’inoculazione del Vaiuolo, e degl’Infermi

§ XVI - Maniera di eligere li Seniori del Popolo

§ XVII - Degli Artisti poveri. Della Cassa di carità, e suoi regolamenti

§ XVIII - Dell’esequie e de’ lutti

§ XIX - Della Patria

 

CAP. III – DEGL’IMPIEGHI

 

CAP. IV -  DEGLI ARTISTI ESTERI

 

CAP. V -  DELLE PENE GENERALI CONTRO I TRASGRESSORI

 

 

Nessun uomo, nessuna famiglia, nessuna città, nessuno Regno può sussistere, e prosperare senza il timor santo di Dio. Dunque la principal cosa, che Io impongo a voi, è l'esatta osservanza della sua santissima Legge.

Due sono i principali precetti della medesima. (I) Amar Dio sopra ogni cosa. (II) Amar il prossimo suo, come se medesimo.

Amar Dio sopra ogni cosa è amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l'anima, con tutte le forze: e anteporlo a tutte le creature; ed amarlo più di tutte le cose a noi più care.

Nasce in noi quest'obbligo dal gran bene, che ci ha fatto, e che ci fa in ogni istante. Egli ci ha creato dal nulla. Egli ci ha redenti col suo preziosissimo Sangue. Egli ci mantiene. Egli ci dà quanto ci occorre. L'aria, il cibo, la luce, la salute, i figli, tutto ci vien da Lui. Obbligo dunque di tutti è adorarlo, e venerarlo, come Ente Supremo, ed autor di tutte le cose: di ubbidirgli, come Sovrano Signore, e padrone: di temerlo come Giudice giusto, a cui nulla è nascosto: di ricorrere a Lui ne' bisogni, e di esercitar verso di Lui gli atti di vero culto, e vera devozione. Tutte le mattine per ciò al far del giorno corra ciascun al Tempio ad adorarlo: si reciti in coro la preghiera; ed ognuno in particolare gli offra in olocausto nel S. Sacrifizio della Messa, che ivi si celebrerà, tutti glia atti del suo cuore, e della sua mente. Passi indi alla fabbrica, od in casa; ed attenda nel suo santo nome al proprio dovere. Le sere, al tramontar del sole, quando tutti saran sciolti dal lavoro, si torni nuovamente in Chiesa alla visita del SS. Sacramento, ed a Lui si rendan tributi di onore, e di gloria pe' benefizj ricevuti, recitandosi in coro l'altra preghiera. Osservi ciascuno i precetti della Chiesa, e frequenti i Santissimi Sacramenti; ed ha questo effetto il Parroco, e gli altri Sacerdoti assistano con assiduità in Chiesa per comodo di tutti, particolarmente ne' dì festivi.

Amar il prossimo suo, come se medesimo, è non fare agli altri quello, che non vorremmo, che fosse anoi fatto: ed è fare agli altri quello, che vorremmo, che a noi si facesse.

Da questo dettato della divina Sapienza nascon varj doveri, de' quali alcuni diconsi negativi, altri positivi.

 

 

CAP. I - DOVERI NEGATIVI

 

I doveri negativi son quelli, che impongono l'obbligo di astenersi dall'offender alcuno in qualche maniera. Or in tre maniere si può offendere alcuno. Si può offendere nella persona, nella roba, e nell'onore.

 

§ I - Non si può offendere alcuno nella persona

Si offende alcuno nella persona o coll'ammazzarlo, o col ferirlo, o col batterlo, o col fargli scherni, dispetti, inselenze, ovvero col molestarlo, ed inquietarlo in qualunque modo. Nessuno di questi atti ardirà mai alcun di voi di commettere contra il suo simile; siccome non ardirà mai neppur l'offeso di prender da se la privata vendetta: ma ricorderà a' suoi Superiori per la dovuta giustizia; e credendo non averla da quelli ottenuta, potrà ben anche dipoi venire da Me. Vegliano contra tutti questi delitti attentamente le Leggi: ma tanto più veglieranno esse contra quelli, che si commettesser mai in questa società, che ha per suo principal fine l'amore, e la carità, e che l'esempio deve essere della pubblica educazione.

 

§ II - Non si può offendere alcuno nella roba

Si offende alcuno nella roba, ogni qual volta o con violenze, o con inganno si usurpa, o si ritiene ingiustamente quello, ch' è d'altrui. Il titol di ladro è il titol più infame, e vergognoso, che possa aver l'uomo. Ciascuno quindi si guardi bene di meritarlo per alcun modo. In ogni società i ladri son condannati ad atrocissime pene. In questa, dove l'onore, e la virtù sono i principali cardini della medesima, se mai ve ne fosserom (che non è neppur da dubitarsi), saranno più rigorosamente puniti. Nelle cpmpre perciò, nelle vendite, nelle permutazioni, ed in ogni altra specie di contratti ognuno si guardi di usar soperchieria, ed inganno. Nessun venditore abusi dell'imperizia del compratore col chiedere un prezzo maggiore del dovere; e nessun compratore si valga mai dell'ignoranza, o della necessità, in cui è tal volta il venidtore, per levargli quel giusto prezzm che gli spetta. Vadan bandite la menzogna, le frodi, e le fallacie nelle misure, ne' pesi, nella qualità delle robe, che si venderanno, o compreranno, nella qualità del danaro, ed in tutto altro, in cui la versuzia, e l'inganno possa usarsi; e si proceda in tutto con candore, onestà, e buona fede. Sia la parola il vincolo più sacro della società; e tutti sieno fedelissimi, e sinceri ne' detti, e ne' fatti. Chi ha fedelmente servito, sia prontamente pagato; nè alcuno gli nieghi, o ritardi la mercede dovuta, acciò non sia causa della sua ruina. In somma erigga ognuno nel suo cuore l'altare della giustizia; e tratti col suo simile, come vorrebbe, che questi trattasse con se.

 

§ III - Non si può offendere alcuno nella riputazione

La riputazione è la cosa più importante, e più preziosa, che possa aver l'uomo d'onore; e talvolta togliere altrui la riputazione è peggior delitto, che offenderlo nella roba, e nella persona. Nessun quindi dirà mai cose false contra di qualcuno; e chi caderà in questo delitto, vada immediatamente bandito da questa società. Nessuno dirà ingiurie, e villanie ad altri. Nessuno metterà in ridicolo, ed in beffa il suo fratello; essendo tutte queste cose contrarie a quello spirito di carità, e di amore, che Dio comanda, e che Io voglio, per ben della pace, del buon ordine, e della tranquillità delle vostre famiglie, da voi esattamente praticato.

 

 

CAP. II - DOVERI POSITIVI

 

I doveri positivi impongono di fare a tutti il maggior bene che si possa. Questi sono o generali, o particolari. I generali riflettono  sopra tutti i nostri simili. I particolari riguardano un ceto particolare di persone, come sarebbe il Sovrano, i suoi Ministri, i Superiori, gli Ecclesiastci, gli Sposi, i Genitori, i Figli, i benefattori, i Maggiori di età, i Giovini, e la Patria.

 

DOVERI GENERALI

 

§ I - Ognuno deve far bene al suo simile, ancorchè sia suo nemico

A ciascun de’ nostri simili. Noi dobbiam far sempre il maggior bene, che si possa. Dio comanda, che si faccia per amor suo finanche a’nimici. La più bella vendetta è quella di far bene a colui, che ci offese; ed il più bel piacere è quello d’imperare per mezzo delle beneficenze sopra colui, che ci disprezzò. Soccorrerlo nelle avversità, ed ajutarlo ne’ bisogni e mostrare a tutti gli uomini la più sublime grandezza di cuore e di generosità. Ogni uomo in tutti gli stati può far bene al suo simile. Il Savio, il Ricco, l’Agricoltore, l’Artista, quando impiegano i loro talenti, le loro ricchezze, le loro fatiche a prò de’ Cittadini, posson vantarsi di essere i benefattori dell’Umanità. Ogni volta dunque, che si presenti a voi l’occasion di giovare ad altri, ciascun l’abbracci; né mai si spaventi di qualche incomodo, che seco porti questa generosa azione; poiché sarà sempre ben compensato da quel dolce e puro piacere, che l’accompagna.

Questo sovrano precetto di Dio è fondato sopra quella perfetta uguaglianza, che gli piacque stabilire tra gli uomini. Egli li costituì in natura tutti fratelli, e dispose, che nessuno imperasse sopra di loro, fuor di Lui, o di Coloro a’ quali egli affidasse il governo de’ Popoli. Per sua mercè Egli ha dato a Me il grave peso di governare questi regni; ed Io nel dar a voi questa legge non intendo far altro, che seguire i suoi eterni consigli.

Sin da prima, che Io concepii il bel disegno di unirvi in società di questo luogo, pensai ancora, di crearvi tutti Artieri e darvi la maniera di divenirne famosi. La felicità di questi Reami mi fece concepir quest’idea. Vedendo, che i tre Regni della Natura, cioè il vegetabile, l’animale, ed il minerale quì per singolar dono della Provvidenza tengono la propria lor sede, e che sol manca in essi, chi a’ naturali prodotti de’ luoghi dia le nuove forme, mi risolsi nell’animo di porne ad effetto l’intrapresa. Già son pronte in buona parte le macchine, e gli ordigni corrispondenti al disegno. Solo resta, che per voi vi sia una fissa legislazione, che suggerisca la norma della condotta della vita, e che prescriva gli stabilimenti necessari all’arti introdotte e da introdursi.

 

§ II - Il solo merito forma distinzione tra gl' individui di S. Leucio. Perfetta uguaglianza nel vestire. Assoluto divieto contra del lusso

Essendo voi dunque tutti Artisti, la legge che Io v’impongo, è quella di una perfetta uguaglianza. So, che ogni uomo è portato a distinguersi dagli altri; e che questa uguaglianza sembra non potersi sperare in tempi così contrari alla semplicità, ed alla natura. Ma so pure, che vana e dannevole quella distinzione, che procede dal lusso, e dal fasto; e che la vera distinzione sia quella, che deriva dal merito. La virtù, e l’eccellenza nell’arte, che si esercita, debbono essere la caratteristica dell’onore, e della singolarità; e questa, qual debba esser tra voi, sarà qui sotto prescritta.

Nessun di voi pertanto, sia uomo, sia donna, presuma mai pretendere a contrassegni di distinzione, se non ha esemplarità di costume, ed eccellenza di mestiere. A quest’oggetto per evitar la gara nel lusso, ed al dispendio in questo ramo quanto inutile, altrettanto dannoso, comando che  il vestire sia uguale in tutti: che estrema sia la nettezza, e la polizia sopra le vostre persone, acciò possa aversi quella decenza, che si richiede per rispetto, e venerazione dovuta a Chi si degna portarsi a vedere i vostri lavori: che questa polizia sia anche esattamente osservata nelle vostre case, acciò possa godersi di quella perfetta sanità, ch’è tanto necessaria nelle persone, che vivono con l’industria delle braccia. Di voi nessuno ancora ardirà mai chiamarsi col Don, essendo questo un distintivo dovuto soltanto a’ Ministri del Santuario in segno di rispetto e di venerazione.

 

DOVERI PARTICOLARI

 

§ I - Doveri verso il Sovrano

Dopo Dio devesi a’ Sovrani, come dati agli uomini da Dio, la riverenza, la fedeltà, l’ossequio. Le funzioni sublimi, ch’essi esercitano, gli fan dividere colla Divinità questa venerazione. La loro persona dee rispettarsi, come sacra; e tutti gli ordini, che vengon da loro, debbon ciecamente eseguirsi, e prontamente osservarsi.

 

§ II - Doveri verso i Ministri

Sono i Ministri tutt’immagini dei Sovrani. Ogni posto, che da essi si occupa per Loro. Per Loro essi comandano; per Loro vegliano alla custodia, ed all’osservanza delle Leggi. Per amor di Loro voi dunque dovete ad essi tutti quegli atti di rispetto, e di ubbidienza, che l’autorità pubblica esige.

 

§ III - De’ Matrimoni

La Donna fu concessa da Dio all’uomo per sua ragionevol compagna.

Dall’unione di entrambi nacque la propagazione, e conservazione dell’uman genere; e dalla moltiplicazione de’ matrimonj ebbero origine, e tuttavia fioriscono le Società, e gl’Imperj. Perché dunque anche questa Popolazione prosperi, ed aumenti sotto la benedizione dell’Altissimo, vi voglion de’ matrimonj, la celebrazione de’ quali per voi Io sottopongo alle seguenti leggi.

  • L’età del giovine non dovrà esser meno di 20 anni; e quella della fanciulla di 16. Ed in queste circostanze né anche sia loro permesso di contrarre gli sponsali, fino che dal Direttore de’ Mestieri per lo giovane, e dalla Direttrice per la fanciulla non vengano con attestato dichiarati provetti nell’arte, a segno di potersi lucrar con sicurezza il mantenimento; ed allora in premio della lor buona riuscita si concederà da Me ad essi una delle nuove case, che ho espressamente fatto costruire con tutto ciò, che è necessario pe comodi della vita, e i due mestieri, co’ quali lucrar si possano il cotidiano mantenimento.

  • Quando un giovine giunto all’età stabilita, avrà inclinazione per una giovane, che sia anche dell’età prescritta, ed abbiano ambedue appreso le rispettive arti, dovrà subito darne parte a’ suoi genitori, i quali n’avvertiranno quelli dell’altra parte per loro intelligenza, e perché di comun consenso badino sulla condotta de’ figliuoli, acciò tutto vada con decenza, ed acciocché non accada inconveniente alcuno; potendo ben dars’il caso, che su di una medesima persona più di uno pretenda.

  • Nella scelta non si mischino punto i Genitori, ma sia libera dei giovini, da confermarsi nella seguente maniera. Nel giorno di Pentecoste nella Messa solenne, in cui interverranno tutti gli abitanti del Luogo, e le fanciulle, ed i giovini esteri, che travagliano nelle manifatture, da due fanciullini dell’uno, e dell’altro sesso si porteranno all’Altare per benedirsi da chi celebra, due canestri pieni di mazzetti di rose, bianche, per gli uomini, e di colore naturale per le donne; e nel terminar questa funzione da ciascun individuo se ne prenderà uno, come le palme. Nell’uscir poi dalla Chiesa, i Pretendenti nell’atrio di essa, dov’è il Battistero, presenteranno il lor mazzetto  alla ragazza pretesa: e questa accettandolo,  lo controcambierà col suo; ma escludendolo, con polizia, e buona maniera glielo restituirà: e né all’uno, né all’altra sarà permesso contestazione alcuna; e perciò i primi ad uscir di Chiesa; e situarsi nel sopradetto atrio saranno i Seniori del Popolo per imporre loro la dovuta soggezione. Coloro, che contraccambiato si saranno il mazzetto lo porteranno in petto sino alla sera: quando dopo della santa Benedizione accompagnati dai rispettivi Genitori si porteranno dal Parroco, che registrerà i nomi, e la parola. Dopo questa funzione sarà permesso farsi quant’altro incombe a norma del Concilio di Trento, e di ogni altro requisito della legge, in Chiesa, in cui interverranno i Seniori del Popolo, e i Direttori, e le Direttrici dell’arti, non solo per solennizzare con quella pompa, che si richiede, questo gran Sacramento, ma per contestare agli Abitanti, che gli Sposi meritano la stima di tutti per la bontà del loro costume, e per essersi resi coll’arte, che già hanno appresa, utili a loro, alle famiglie, allo Stato, e che per tutti il tempo della lor vita non vivranno mai a peso di alcuno.

  • Essendo lo scopo di questa Società che tutti rimangan nel luogo; quindi per impegnarli a restare, alle figliuole, ch’abbian imparata l’arte, e voglion maritarsi fuori, non sarà dato altro, che soli due: 50 per una volta tantum, e dal momento saran considerate com’estere, senza speranza di mai più potervi tornare.

  • Quando un giovine abitante, o artefice vorrà prender in moglie una estera, non potrà farlo, se prima quella tal giovane, ch’egli vuole sposare, non abbia appreso il mestiere in questa, o in altra manifatturia.

  • E se assolutamente voglia prender in moglie una estera, che non abbia arte in mano, dal momento debba uscir dal luogo, di dove non sarà più considerato come Individuo, e senza speranza di potervi mai più ritornare.

  • Quei tali giovini dell’uno, e dell’altro sesso, che giunti sieno alla età di 16 anni senza essers’impiegati nelle manifatture per mancanza di volontà, saranno mandati in Casa di correzione, col divieto di non poter mai più tornar nel luogo. E coloro, che impiegaticisi non abbiano nulla appreso per mancanza di applicazione, saran mandati in Casa di educazione, col divieto di non poter tornare nelle di lor case, se non istruiti.

  • Essendo lo spirito, e l’anima di questa Società l’eguaglianza tra gli Individui, che la compongono, abolisco tra’ medesimi le Doti, e dichiaro, che ciocchè da me sarà per beneficenza somministrato, come di sopra si è detto, in occasione di matrimoni, sarà solo per premio della buona riuscita, che gli sposi avran fatta nell’arte, nel buon costume: beneficenza, che a loro accorderò col divino aiuto sino alla quarta generazione, dopo di che la donna porterà il solo necessario corredo; dovendo aver dopo la morte dei Genitori, la parte uguale coi maschi, come in appresso sarà prescritto.

 

§ IV - Degli Sposi

Capo di questa Società coniugale è l’uomo. Natura gli deferì questo dritto: ma gli proibì nel tempo stesso di opprimere, e di maltrattare la sua moglie: Con tuono di maestà in ogni occasione gl’intima l’obbligo di amarla, di difenderla, e di garantirla da’ pericoli, a’ quali la sua debolezza la porterebbe. Il marito deve alla moglie la protezione, la vigilanza, la prevedenza, gli alimenti, e le fatiche più penose della vita. La moglie deve al marito la giusta deferenza, la tenera amicizia, e la cura sollecita per cimentare da più in più la cara unione. Impone ad essi natura questi sacri precetti non solo per ispirare sul di loro esempio ad ogni altro Individuo i sentimenti della Società, ma divenendo Genitori, non sien i figli infelici, e negletti tra le dissenzioni, e le discordie domestiche: ed in luogo di presentar Cittadini buoni, ed utili alla Patria, gli dian discoli, e perversi. Or per seguire questo gran disegno della antura, sempre savia nelle sue operazioni, Io prescrivo, e comando ad ogni marito di questa Società di non tirannegiar mai la sua moglie, né di esserle ingiusto, togliendole quella ricompensa, che sia dovuta alla di lei virtù: ad ogni moglie, che rendasi cara al suo marito; che nelle cure, e ne’ travagli sia la sua fedele compagna; e che l’onore richiami sul comun letto meritale le celesti benedizioni.

 

§ V - De’ Padri di famiglia

E’ il principal fine del matrimonio la procreazione della Prole. Divenuti gli sposi Genitori de’ figli, eccoli sottoposti ad altri più pesanti doveri, ed a più precise obbligazioni.

Il Padre è nell’obbligo di sovvenire, di assistere, di sostener insiem colla madre i propri figli. Entrambi son tenuti di educarli, e di procurar loro uno stato di felicità in questo Mondo. Per le loro o sollecite o trascurate cure diverran’essi l’oggetto o della loro compiacenza e contentezza, o del loro continuo rammarico. Per loro saranno membri utili, o disutili della Società; buoni, o viziosi; onorati, o infami; comodi, o bisognosi. A voi dunque, che già Padri siete, o a cui toccherà in sorte di esserlo, a voi comando di educar bene i vostri figliuoli. Se voi  loro ispirerete a tempo l’amor della fatica, essi sarann’utili a se, a voi, alla Patria. Se l’ubbidienza, essi vi benediranno. Se la modestia, e la sobrietà, non avrann’occasione di vergognarsi. Se la gratitudine, e la carità, otterranno benefizi, e si guadagneranno l’amore di tutti. Se la temperanza, e la prudenza, saranno sani, e fortunati. Se la giustizia, e la sincerità sarann’onorati, e non sentiran rimorsi nel cuore. Se finalmente la religione, essi vivranno, e moriranno contenti. Questo è di tutti i doveri l’articolo più importante; e perché scorgo, che da esso deriva non solo la pace, e’l ben essere delle famiglie, ma benanchè la prosperità, e la felicità dello Stato, Io sono entrato a prendervi la principal parte.

 

§ VI - Leggi per la buona educazione de’ Figli

Già si è situata in Belvedere la Scuola normale, in cui s’insegna a’ fanciulli, ed alle fanciulle sin dall’età di anni 6 il leggere, lo scrivere, l’abbaco; il catechismo della religione; i doveri verso Dio, verso se, verso gli altri, verso il Principe, verso lo Stato; le regole della civiltà; della decadenza e della polizia; i catechisti di tutte le arti; l’economia domestica; il buon uso del tempo, e quant’altro si richiede per divenir uom dabbene, ed ottimo Cittadino. Obbligo vostro sarà, tutt’i vostri figli dell’età prescritta vadan nelle date ore del giorno alla scuola. Per renderli ancor utili a voi, allo Stato, e ad esso loro, e per non farli andare altrove a cercar la maniera d’impiegarsi, ho provveduto questo luogo di macchine, di strumenti, e di artisti abili ad insegnar loro le più perfette manifatture, e vi s’introdurranno ancora tutte quelle altre arti, che hann’immediato rapporto con l’introdotte,ad oggetti dia versi quell’insieme, che indispensabilmente vi si richiede per l’economia, e per la perfezione.

Vi saranno stabilimenti particolari pel buon ordine, e sistema delle manifatture, nei quali sarà fissato l’orario del lavoro secondo i dati mesi dell’anno.

I prezzi del lavoro d’ogni manifattura saranno fissi; ma il giovine, o la fanciulla apprendente salirà per gradi, e come anderà perfezionandosi nell’arte, sino al prezzo, che godesi da’ migliori artisti, nazionale e forestieri. Pervenuti a questo stato, se avran talento da portar la di loro opera ad un altro grado di maggior bellezza, e perfezione, si terran de’ concorsi; e quello, o quella, di cui il lavoro sarà più bello, più esatto, e più perfetto, avrà per premio il distintivo di una Medaglia d’argento, ed in qualche caso anche d’oro, che potrà portare in petto; ed in Chiesa avrà la privativa di sedere per ordine di anzianità nel Banco, che sarà chiamato Del Merito, che sarà situato unicamente per i giovani di tal fatta alla parte sinistra dell’Altare.

Le cognizioni perfette della Divinità, la scienza di tutte le sociali Virtù, l’amore, e la continua applicazione al lavoro, il desiderio di distinguersi per vie di merito, il giusto compenso, che troveranno nella fatica, mi fanno sperare, che un giorno possan giustamente ereditare da voi tutti quello, che voi colli vostri sudori vi avrete onoratamente procacciato. Ed in questo ancora voglio, che siate distinti da tutto il resto de’ miei Popoli.

 

§ VII - Leggi di successione

Voglio, e comando, che tra voi non vi sian testamenti, né veruna di quelle legali conseguenze, che da essi provengono. La sola giustizia naturale, e la natural equità sia la face, e la guida di tutte le vostre operazioni. I figli succedano a’ Genitori, e i Genitori a’ figli. Abbian luogo i collaterali, ma nel solo primo grado. In mancanza di questi succeda la moglie, ma nel solo usufrutto, e fino a che manterrà la vedovanza. Dopo la di lei morte, e sempre nel caso di mancanza di tutti li sopradetti eredi, siano i ben del defunto del Monte degli Orfani,delle cui rendite si forma una Cassa, che chiamerassi degli Orfani, da amministrarsi per ora dal Parroco, che sarà obbligato di darne a Me conto.

Se poi rimangan degli orfani di padre, e di madre, i quali non sieno ancora in istato di lucrarsi colle proprie fatiche il cotidiano alimento, mia sarà la cura di mantenerli, e farli educare col prodotto della sopradetta Cassa, e col dippiù, che vi necessiti.

Abbian i fili porzion eguale nella successione degli ascendenti; né mai resti esclusa la femina dalla paterna eredità, ancorché vi sian dei maschi.

 

§ VIII - De’ figli di famiglia

Impressi dall’Altissimo fin da’ primi momenti della creazione nei cuori de’ Genitori i sentimenti di sì sviscerato amore verso de’ figli, era senz’altro della sua Divina giustizia prescriverne a’ medesimi il gran precetto di onorati. Tante pene, tanti sudori, tanti affanni meritavano certamente un onorato compenso. Io che le veci di Dio sopra di voi sostengo, sull’esempio del suo tremendo comando, l’istesso precetto a voi rinnovo. Rispettate, o figli, i vostri genitori: ricevete con umiltà i loro avvisi, e le loro correzioni: soffrite volentieri anche i castighi ad emandazione de’ vostri difetti: serviteli: soccorreteli: compiacetegli in ogni cosa: siate loro grati, e non dimenticate neppur un momento i benefizi ricevuti; e sopra tutto astenetevi da ogni atto, che possa offenderli: Questo il gran Dio vi precetta, e quest’anchio vi comando. E se Dio maledice que’ figli, che sono irrispettosi a’ padri, Io li bandisco per sempre da questa Società, come mostri indegni di più stare nella medesima. Anzi perchè in essa non alligni razze di gente così inumana, condanno all’istessa pena colui, che essendo stata presenta all’ingiuria, non sia corso immediatamente a darne parte a’ Seniori del Popolo, per passarne a Me prontamente l’avviso.

 

§ IX - De’ Fratelli

L’amore è l’anima di questa società. Dunque, voi, o fratelli, figli di un istesso padre, e che il latte succhiaste di una madre istessa, amatevi con vero amore; aiutatevi scambievolmente con vera premura; vivete fra di voi in perfetta concordia; nessuno abbia invidia dell’altro, e soffochi all’istante nel suo cuore quei sentimenti di odio, e di vendetta, che mai concepito abbia per qualche torto dall’altro ricevuto. L’offeso reclami l’autorità del padre, se vive, ed alle determinazioni di questi placidamente si sottometta, e si accheti. In mancanza poi del padre corra a’ eniori del Popolo, e la pace da loro implori. L’odio tra’ fratelli e la più brutta, la più perfida, la più indegna,  e scandalosa cosa, che possa vedersi sulla Terra.

 

§ X - De’ Discepoli

I Maestri equivalgono a’ Genitori. Se i Genitori danno la vita, i Maestri danno la maniera di sostenerla. Quegli obblighi dunque, che i figli hanno a’ Genitori, quelli stessi i discepoli hanno a’ Maestri. Ad essi debbono l’amore, e la gratitudine; ad essi la ubbidienza, ed il rispetto. La pratica per tanto di tutti questi doveri alla grata riconoscenza di tutte le loro cure Io anche a voi costantemente impongo.

 

§ XI - Dei Beneficati

Se v’ha sulla terra creatura, che possa in certo modo gareggiare colla divinità, egli è senz’altro il Benefattore. Deve a questi il beneficato il prezzo del beneficio in tutta la sua estensione. Se, per esempio, un infelice vicino a perder la vita per la fame, trovi un’anima benefica, che lo ristori, egli deve al Benefattore la vita; se lo soccorre ad uscir dalle miserie, a lui deve tutto quel comodo, che acquista: se lo porta ad esser felice, a lui deve tutta la sua felicità. Gli obblighi dunque dei beneficiati sono sempre assoluti: a niuno di essi è lecito sconoscerlo senza la taccia d’ingrato. L’ingratitudine è un vizio così odioso, e detestabile, che rivolta tutta l’umanità. Ogni uomo ha interesse ad odiare l’ingrato, perché riconosce in lui uno, che tende a scoraggiar l’anime benefiche, a bandir dal commercio della vita la compassione, la bontà, la liberalità, e quel santo desiderio di giovare, che forma il nodo più sacro della Società. Voi dunque quanti siete in questa Società, rispettate chi vi benefica: contestategli in ogni occasione i sentimenti della più sincera riconoscenza: soddisfate a tutt’i suoi desideri: non li inducete mai a pentirsi di tutto quello, che vi fa: ma dategli continui motivi di spandere sempre più sopra di voi le beneficenze, e di estenderle sul vostro esempio sopra degli altri.

 

§ XII - Dei Giovani

I vecchi e tutt’i maggiori di età avendo meritato da Dio il dono di essere in questo Mondo prima dei giovani, e quindi un dovere di questi venerarli, ed ubbidirl’in tutte le cose lecite, ed oneste: Nessuno per conseguenza può oltraggiarli: che anzi debbono tutti rispettare la loro veneranda età, ed ascoltare, e seguire i loro prudenti consigli: Se mai alcuno vi sarà tra voi, che abbia il temerario ardire di usar loro poco rispetto, e poca venerazione, il padre, o se questi manca, i Seniori del Popolo per la prima volta l’ammoniranno seriamente: per la seconda volta faranno dal figlio chieder perdono in pubblica Chiesa al vecchio offeso; e per la terza volta se ne passerà a Me l’avviso per espellerlo dalla Società.

 

§ XIII - Dei vecchi

Dovere però dei vecchi, e dei padri di famiglia sarà sempre dar ai giovani, ed ai figli il buon esempio non solo nell’esemplarità della vita, ma anche nell’amore della fatica; poiché se essi saranno sobri, religiosi, prudenti, laboriosi, modesti, tali saranno i giovani, ed i figli; e così si avrà nella Società quel fondo di virtù che ardentemente desidero.

 

§ XIV - Dei Seniori del Popolo, Tempo di eligerli, e loro doveri

Tra questi, comando, che in ogni anno nel giorno di S. Leucio se ne scelgan cinque dei più savi, giusti, intesi, e prudenti, i quali senza strepito giudiziario col dolce nome di Pacieri e di Seniori del Popolo, di unità col parroco, decidano tutte le controversie civili, e d’arti senz’appello: provvedano, e procurino, che nella Società non manchi nessuna delle cose di prima necessità; mentre liberamente si permette a chiunque voglia, di aprir Forni, Macelli, Cantine, ed ogni altra bottega di commestibili, ma coll’obbligo di tener le proviste per comodo della Società, dal principio fino alla fine dell’anno, e di vendere a giusto prezzo i generi, e non maggiore dell’assisa di Caserta, senza frode, e senz’inganno; e coll’obbligo speciale ai venditori di vino di non far mai nelle loro botteghe o cantine giocare a veruna sorte di giuoco, ancorché lecito, o per ischerzo, sotto pena di essere immediatamente sfrattati dalla Società. Si  assicureranno di tutti questi articoli i Seniori suddetti con le debite sicurtà; ed invigileranno sulla bontà dei generi, e su tutt’altro, che convenga, col massimo rigore, e colla più religiosa esattezza.

Sarà cura dei sopraddetti Seniori ancora d’invigilare rigidamente sul costume degl’individui della Società, sull’assidua applicazione al lavoro, e sull’esatto adempimento del proprio dovere di ciascuno. E trovando, che in ess’alligni qualche scostumato, qualche ozioso, o sfaticato, dopo averlo due volte seriamente ammonito, ne passeranno a me l’avviso, acciò possa mandarsi o in casa di correzione, o espellersi dalla Società, secondo le circostanze.

Della proprietà, e nettezza delle abitazioni sarà anche loro la cura, perché da tutti si osservi; prendendone specialmente occasione nella visita degl’infermi, che dovranno giornalmente fare, per darmi distinto ragguaglio del numero di essi in unione del Medico, delle qualità delle malattie, e dei soccorsi straordinari, di cui necessitassero. 

Loro cura parimenti sarà di dar’esatto cinto dei Forestieri che capitassero nel luogo, e dovessero pernottarci; colla distinzione del motivo perché siano venuti: in casa di chi rimangano, e per quanto tempo.

 

§ XV - Dell’inoculazione del Vaiuolo, e degl’Infermi

Vi sarà perciò una Casa separata totalmente dall’altre in luogo d’aria buona, e ventilata, chiamata degl’infermi. In questa né debiti tempi di autunno, e di primavera, d’ogni anno si farà a tutt’i fanciulli, e le fanciulle della Società, l’inoculazione del vaiuolo. In ess’ancora si trasporteranno tutti coloro, che saranno attaccati da morbi contagiosi, tanto acuti, che cronici. Per questa Casa vi saranno i suoi regolamenti particolari, riguardant’il buon governo non solo degli infermi, ma benanche l’economica amministrazione. Un Prete tra gli altri assisterà assisterà sempre in essa per comodo degl’infermi, ed ora l’uno, ora l’altro de Seniori del popolo tutte le mattine, e tutt’i giorni ne faranno la visita, per vedere, se tutt’è in buon ordine, se vi è la massima polizia possibile, e se gl’infermi sono assistiti tanti nello spirituale, che nel temporale con la massima esattezza, e scrupolosità. I medici, i medicamenti, le biancherie, e quant’altro occorre pel mantenimento del luogo, e degl’individui, tutto sarà sempre da Me somministrato.

 

§ XVI - Maniera di eligere li Seniori del Popolo

L’elezione de’ sopradetti Seniori si farà, congregandosi tutti i Capi di famiglia, dopo della Messa solenne con tutto il rispetto, e con tutta la decenza nel salone del Belvedere, per bussola segreta, ed a maggioranza dei voti, sempre presidente il Parroco.

Dell’elezione se ne farà subito a Me rapporto per ottenere la confirma, ed in virtù di essa potrai godere dell’onorifica distinzione di sedere in Chiesa nell’altro banco del merito, situato a fronte di quello de’ giovani dalla parte destra dell’Altare.

 

§ XVII - Degli Artisti poveri. Della Cassa di carità, e suoi regolamenti

Per affetto di quell’amore, ch’è l’anima di questa Società, e per quello spirito di fratellanza, che a ciascuno di voi deve far riguardare questa popolazione, come una sola famiglia, giusto è ancora, che se tra voi si trovi un’artista, privo di moglie, e di figli, o con questi, ma non in istato di lucrarsi il pane per loro, e pel povero padre caduto in miseria o per vecchiaia, o per infermità, o per altra fatal disgrazia, ma non mai per pigrizia, ovvero per infingardaggine; sia da tutti comunemente soccorso, acciò non si riducono nello stato di andar mendicando, ch’e lo stato più infame, e detestabile, che sia sulla terra.

Perciò siavi tra voi una Cassa, che chiamerassi della Carità, dalla quale sia codest’infelici comodamente soccorsi o per tutto il tempo della vita, o fino a che non sian rimessi in istato di potersi lucrar il pane. Avrà questa Cassa per fondo un rilascio di un tarì al mese, che ogni manifatturiere, che sia in istato di guadagnare più di due carlini al giorno, farà in beneficio della medesima; e di quindici grana al mese, per quelli, che guadagnino meno di due carlini al giorno.

Sarà ess’amministrata dal Parroco, da’ Seniori, e da’ Direttori delle arti, i quali rilasceranno in beneficio della sopradetta Cassa quello, che più la pietà loe detti. Tutti daranno il voto nel caso di doversi soccorrere qualche infelice: L’esazione si farà nel seguente modo.

Tutti gli Artisti di qualunque condizione siano, saran descritti in uno Stato. Questo si affiggerà nell’atrio della Chiesa, dove ogni prima Domenica di mese, la mattina, dopo un dato segno di campagna, che si chiamerà la Carità si troverà il Parroco, sempre che possa ( o chi egli destinerà degli altri Sacerdoti ) a ricevere da’ medesimi la somma prescritta, che farà notare da ciascuno di proprio carattere in un libro, che appostatamene si terrà. Raccolta la Carità, si farà la numerazione degli Artisti colla nota, o sia Stato alla mano, e della moneta pagata in presenza  de’ Seniori, e de’ Direttori; e si vedrà, se tutti hanno adempito al lor dovere. Chi non abbia adempito, si noterà in un foglio, che si affiggerà in una tabella chiamata de’ Contumaci, che si sospenderà appresso allo Stato degli Artisti, acciò ogn’uno sappia il contumace. Chi manca per tre volte, e non purgherà la contumacia, pagando nell’ultima volta tutto l’attrasso, sia cassato dallo Stato sopraddetto, e non goda più né questo privilegio personale in caso di disgrazia, né l’esequie, e gli altri suffragi, come in appresso si dirà, a spese della Cassa suddetta; su di che invigileranno rigorosamente i Seniori. Questa Cassasarà chiusa a tre chiavi, delle quali una ne terrà il Parroco, un’altra li Seniori, e la terza finalmente li Direttori. A nessuno sarà mai lecito di disporre di un grano di essa per altro uso, in fuori di quello detto di sopra, e di quant’altro appresso si dirà: ogni anno fatta l’elezione de’ nuovi Seniori del popolo, si farà la numerazione del danaro in essa esistente, e se ne farà la consegn’a nuovi Eletti insiem colle chiavi. Il Parroco e li Direttori riterranno sempre le chiavi presso  di loro, e solo si renderanno indegni di questa prerogativa coloro, che si mostreranno infedeli verso di essa. Appena entrati in governo i nuovi eletti prenderanno i conti dell’introito, ed esito da tutte le soprammentovate persone, e subito si rimetteranno a Me per poterli far esaminare, e discutere.

 

§ XVIII - Dell’esequie e de’ lutti

L’esequie sian semplici, devote, e senza distinzione. Il Parroco, e li soli Preti del luogo assoceranno il cadavere senza esigere’emolumento alcuno. Quando il cadavere sarà in chiesa ( ciocchè non si farà, se non ventiquattr’ore dopo morto) si farann’ardere d’intorno al medesimo solo quattro candele. Ciascun Prete celebrerà per l’amina del defunto una Messa letta, ed il Parrocola cantata. Il cadavere di un Senior del Popolo, che muoja in ufficio, sarà associato dal Clero, come sopra, e da tutti i Capi di famiglia, portanti avanti del medesimo le candele accese in riconoscenza de’ buoni servizj prestati alla Società. Nella morte finalmente di un Direttore, o di una Direttrice di arti, oltre il Clero suddetto,  vi andranno ad associarli li giovani, e le giovani discepoli colle candele, come sopra. Tanto la spesa per le Messe, che per le candele, sarà fatta dalla Cassa, alla quale torneranno li residui di queste. 

Non vi sian lutti, e solo nelle morti de’ genitori, e degli sposi, per gli ultimi uffizi, dovuti a’ medesimi sia permesso alla tenerezza de’ figli, delle mogli, e de’ mariti un segno di duolo di un velo al braccio per l’uomo, e di un fazzoletto nero al colo per la donna per due mesi soli al più.

 

§ XIX - Della Patria

La Patria è la cosa più cara, che siavi sulla terra. Essa ha in custodia la roba, le spose, i padri, i figli, le madri, la libertà, la vita de’ Cittadini.

Ognuno trova in essa, come in un centro, tutte le sue delizie. Tutti dunque debbono ad essa tutti quegli obblighi, che di sopra si sono a parte a parte descritti. Ogn’uno deve teneramente amarla. Ogn’uno deve procurarle tutt’i beni, e allontanarle tutt’i mali. Ogn’uno deve difenderla a costo della roba, del sangue e della vita dagl’insulti, e dagli attacchi de’ nemici. Dalla salute di tutti dipende la salvezza di ogn’uno. Più di tutti però essa esige da voi nelle occasioni la sua difesa. L’Agricoltore, che deve co’ suoi sudori cacciar dalle viscere della terra il mantenimento per se, per voi, non può la terra abbandonare. Se per darle soccorso corre all’armi, e gitti il pesante aratro, egli senza pane priva se, e gli altri di quella vita, che cerca salvarsi. Voi, voi, che, per loro vivete, voi avete più stretti e più precisi obblighi a difenderla. Se voi dall’arti passate all’armi l’Agricoltore coi suoi sudori sosterrà voi sul campo, e farà vivere i vostri padri, i vostri figli, e le vostre spose tra i loro teneri amplessi. In vece dunque di menar vita oziosa ne’ di festivi, ed esporvi a’ pericoli, dove l’ozio trascina, correte, dopo aver santificata la festa coll’adempimento del proprio dovere, e dopo di aver nelle ore determinate presentat’i lavori per riscuoterne la dovuta mercede, correte, dico, ad esercitarvi nel maneggio delle armi, che vi sarà insegnato dalle persone a tal oggetto più adatte, e vi saranno anche dei premj proporzionati per coloro, che in esso si distingueranno. A voi ancora spetta onorarla in tempo di pace. Come i fiori fanno con la loro varietà ricco ricamo al verdeggiante prato; così voi colle vostre produzioni restituir le dovete quel lustro, e quello splendore, che un dì fece invidiarla a tutta Europa.

 

 

CAP. III - DEGL'IMPIEGHI

 

Io intanto intento sempre a premiarvi, assicuro tutti gli abitanti di S. Leucio, che ad esclusione degli esteri, essi saran sempre impiegat’in tutti gl’impieghi, che vacheranno nel luogo; preferendosi però sempre fra i pretendenti il più abile, capace, e di buona condotta. Al nuovo impiegato non si darà, che la metà del soldo del defunto, quando quello lasci la vedova ( con figli che non siano ancora in grado di lucrarsi il proprio sostentamento) alla quale si darà l’altra metà. Rimanendo poi la vedova sola, o con due figli almeno che guadagnino già due carlini al giorno per ciascheduno, resterà alla vedova il solo terzo, ed il rimanente si darà al nuovo impiegato, per averlo tutto alla morte della vedova.

 

 

CAP. IV - DEGLI ARTISTI ESTERI

 

Presentandosi Artefici esteri per essere ammessi al lavoro, dopo di aver esibito i loro requisiti, o dato le notizie convenienti per farli venire e dopo di essere stati provati; e trovati abili, volendosi fissare nel luogo, e godere di tutte le prerogative, e privilegi degli altri abitanti, dovranno per un intero anno dar non equivoche riprove di ottimi costumi, ed assidua applicazione al lavoro per esservi iscritti; nel quale cosa avranno l’abitazione, e gli utensili di sopra detti. Non trovandosi poi tali, saranno immediatamente mandati via.

 

 

CAPO V - DELLE PENE GENERALI CONTRO I TRASGRESSORI

 

Tutte le leggiere mancanze, che si commetteranno dagli abitanti sopradetti, verranno economicamente punite a proporzione del fallo.

Minimo accidente contra il buon costume sarà punito con espellers’immediatamente dal luogo il colpevole, o colpevoli, e privars’immediatamente il genitore,  o i genitori per un anno di tutti i proventi, e regalie.

A chiunque, sia uomo, o sia donna, ordisce mutare in menoma parte il metodo o la moda prescritta di vestire, sarà immediatamente proibito vestir più l’abito del luogo; per tre anni sarà considerato com’estraneo; e sraà privo, come di sopra si è detto, di tutt’i proventi, e regalie, che dagli altri si godono.

Qualunque altro fallo, che sia suscettibile di pena di corpo affittiva, ovvero infamante, verrà punito collo spogliars’immediatamente, e con il massimo secreto, il colpevole degli abiti del luogo, e sarà consegnato allla giustizia ordinaria.

Quest’è la legge, chIo vi do per la buona condotta di vostra vita.

Osservatela, e sarete felici.

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