Fu detto degli antichi, esser quello il più bello, e fiorito governo, ove i Regnanti fosser sapienti, o i sapienti fosser Regnanti. Signore, questa nostra età siccome ha il pregio di mirar la M. V. Augusto Regnante delle Sicilie, così ha la gloria di venerarla infra i Sovrani delle più culte Nazioni qual grande sapientissimo Legislatore. L' è vero, che sono ancora illustri i nomi di Federigo, Roberto, Alfonso, Ferdinando I, ed altri Vostri Sovrani Predecessori, per la protezione delle lettere, e delle arti. Ma niuno havvi al certo, che nella grandezza d'animo, soavità di costume, amor per la pubblica educazione, impegno per le arti, e nella gloria di sempre più beneficare i propri sudditi, potrà mai in verun modo alla M. V. paragonarsi. Convien dire, che abbia risposta Ella la felicità Sua nel felicitare i suoi popoli, e nel regnar ne' loro cuori abbia all'intutto costituita la più sicura fermezza del Suo Regno. Un esempio il più luminoso di una sì alta e sublime Sua sapienza, e che ha riempiuto di ammirazione l'Europa, si è quello appunto, che poco fa la M. V. si è compiaciuta di darne a questo Pubblico. Poichè ha voluto, che un'ampia cima di monte, ripieno prima soltanto di fiere, e di boschi, fosse il ricovero di sebben povera gioventù, scuola delle arti, casa di educazione, ed un saggio di quel semplice antico viver dell'uomo, quando nè il magistrato, nè la forza, ma il paterno comando, e la pura ragione lo guidava al ben operare. Ah Signore, e Principe Sapientissimo, solo la M. V. ornata di sì alta intelligenza, e fornita di sì nobil cuore, poteva tale intrapresa meditare, e felicemente eseguirla. Quelche però sorprende oltremodo, e fa il colmo delle maraviglie, si è, che ha così Ella ben disposte le cose, che si è degnata anche dettarne di propria bocca le particolari leggi, e darle in istampa al Pubblico. Sia pur di altri il trionfale alloro, ed ingrandiscan eglino i confini delle lor Signorie colle armi, e colla guerra. Questa sì è della sola M. V. la lode incomparabile, in questo, o Ferdinando Invittissimo, non ha pari certamente la eccelsa Vostra gloria, cioè nell'aver voluto ridurre a società industriosa, e ben civilizzata una turba di poveri giovanetti, la quale mentre or t'impegni ad istruirla nella Religione, ad ammaestrarla nelle arti, a ripulirla nel costume, ed a ricolmarla di eterni benefici, non solo ha la M. V. come da un alta rocca innalzata una bandiera a ben sperare intorno a tutta la pubblica educazione, ma ancora ha consecrato il Suo Augusto nome, e la sublimità del Suo cuore alla immortalità. Ora sparsa per l'Europa tutta la fama di sì Reale azione, e trovandosene la illustre Operetta Dell'origine, e leggi di S. Leucio stampata soltanto in italiano, sembrava a proposito, che fosse quella tradotta anche in latino, nella quale lingua fu da prima compilato il Codice della Romana Nazione, in cui una volta parlò la Maestà degli'Imperatori, e di cui nella Repubblica delle lettere fanno ancora uso i letterati. Un tale onore appunto acciocchè fosse a me concesso, fu tutto un atto di Vostra Real Clemenza. Or la Sovrana Operetta, al peso d'oro assai ben più pregevole, da me, per quanto mai ha comportato le mie forze, è stata già tradotta nel Latino; attaccato al senso piuttosto, che alla servil traduzion delle parole, e coll'aggiugnervi al disotto poche, e brevi annotazioni, acciocchè chiaro il mondo conosca, che quanto dalla M. V. è stato quivi stabilito, sia tutto derivato dalla retta ragione, e dall'insegnamento de' Savj, e che anzi dalla Dea stessa della Sapienza sia stato in certo modo dettato ai Reali Vostri orecchi. Deh ricevi pure, RE Ottimo, Amantissimo, con clemenza, e paterna benignità la Latina versione, che presento, della Reale Opera, che la Maestà Sua diè alla luce, ed in essa umilmente la supplico a riguardare non ciocchè è alieno, da ignobil mano sopraggiunto, ma quelche è Suo, degno parto del sublime Suo talento. In fine prego divotamente Iddio Ott. Mass. acciocchè per lunghissima ferie di anni conservi la Maestà Sua coll'Augusta Sua Consorte in salute, e la prosperi sempre più maggiormente per la felicità della Sua Real famiglia, e de' Suoi fedelissimi sudditi.
Non essendo certamente l'ultimo dei miei desideri quello di ritrovare un luogo ameno e separato dal rumore della corte, in cui avessi potuto impiegare con profitto quelle poche ore di ozio che mi concedono di volta in volta le cure più serie del mio stato; le delizie di Caserta e la magnifica abitazione incominciata dal mio augusto padre, e proseguita da me non traevano seco coll'allontanamento dalla città anche il silenzio e la solitudine, atta alla meditazione ed al riposo dello spirito, ma formavano un'altra città in mezzo alla campagna, colle istesse idee del lusso e della magnificenza della capitale. Pensai, dunque, nella villa medesima di scegliere un luogo più separato, che fosse quasi un romitorio, e trovai il più opportuno essere il sito di San Leucio. Avendo pertanto nell'anno 1773 fatto murare il Bosco, nel recinto del quale eravi la vigna, e l'antico Casino de' Principi di Caserta, chiamato di Belvedere; in un'eminenza feci fabbricare un piccolissimo Casino per mio comodo nell'andarvi a caccia. Feci anche accomodare un' antica, e mezzo diruta casetta, ed altra nuova costruire. Vi posi cinque, o sei individui per la custodia del Bosco, e per aver cura del sopradetto Casinetto, delle vigne, piantazioni, e territorj in esso recinto incorporati. Tutti questi tali colle loro famiglie furon da Me situati nelle sopradette due casette, e nell'antico Casino di Belvedere, che feci indi riattare. Nell'anno 1776 il Salone di detto antico Casino fu ridotto a Chiesa, eretta in Parocchia, per quegli abitanti accresciuti al numero di altre famiglie diciassette, per cui mi convenne ampliare le abitazioni, come feci anche della mia. Ampliato che fu il Casino, incominciai ad andarci ad abitare, e passarci l'inverno: ma avendo avuto la disgrazia di perderci il mio Primogenito, e per questa cagione più non andandoci ad abitare, stimai di quella abitazione farne altro più utile uso. Gli abitanti sopra citati, con altre quattordici famiglie aggregateci, giunti essendo al numero di 134, attesa la favorevole prolificazione prodotta dalla bontà dell'aria, e dalla tranquillità e pace domestica, in cui viveano, e temendo, che tanti fanciulli, e fanciulle, che aumentavansi alla giornata, per mancanza di educazione non divenissero un giorno, e formassero una pericolosa società di scostumati, e malviventi, pensai di stabilire una Casa di educazione pe' figliuoli dell'uno, e dell'altro sesso, servendomi, per collocarveli, del mio Casino; e cominciai a formarne le regole, ed a ricercar de' soggetti abili, ed idonei per tutti gl'impieghi a tal uopo necessarj. Dopo di aver messo quasi tutto all'ordine, riflettei, che tutte le pene, che mi sarei dato, e tutte le spese, che vi avrei erogato, sarebbero state inutili: poichè tutta questa gioventù benchè ben educata, giunta ad un'età tale di aver terminati tutti quegli studi alla di lor condizione adattati, sarebbe rimasta senza far nulla; o almeno applicar volendosi a qualche mestiere, avrebbe dovuta altrove portarsi, per ricercarsi il sostentamento, non essendomi possibile di situarne, che pochi al mio servizio nel luogo. Ed in quel caso, come sommamente sensibile sarebbe stato alle rispettive famiglie il separarsene; così come Io provato avrei una grande pena di vedermi privato di tanta bella gioventù, che come miei proprj figli avea riguardata sempre, ed aveva con tanta pena cresciuti. Rivolsi quindi altrove, e pensai di ridurre quella popolazione, che sempre più aumenta, utile allo stato, utile alle famiglie, ed utile finalmente ad ogni individuo di esse in particolare: e rendendo in tal maniera felici e contenti tanti poveretti, che peraltro fin al giorno di oggi essendo vivuti nel santo timore di Dio, ed in ottima armonia e quiete fra di essi, non mi hanno dato menomo motivo di lagnarmene, godere Io di questa soddisfazione in mezzo di essi, e delle loro benedizioni, in que' momenti, che le altre mie cure più interessanti mi permettono di prendere qualche sollievo. Utile allo stato, introducendo una manifatturia di sete grezze, e lavorate di diverse specie finora quì poco, o malamente conosciute, procurando di ridurle alla miglior perfezione possibile, e tali da poter col tempo servir di modello ad altre più grandi. Utile alle famiglie, alleviandole da pesi, che ora soffrono, e portandole ad uno stato da potersi mantener con agio, e senza pianger miserie, come finora è accaduto in molte delle più numerose ed oziose, togliendosi loro ogni motivo di lusso coll'uguaglianza, e semplicità di vestire; e dandosi a' loro figli fin dalla fanciullezza mezzo da lucrar col travaglio per essi, e per tutta la famiglia, del pane, da potersi mantenere con comodo, e polizia. Utile finalmente ad ogni individuo in particolare, perchè dalla nascita ben educati da' loro genitori; istruiti in appresso nelle Scuole Normali, già da qualche tempo con profitto introdotte; ed in ultimo animati al travaglio dall'esempio de' loro compagni e fratelli, e dal lecco del lucro, che quelli ne percepiscono, ci si avvezzeranno, e talmente si ci affezioneranno, che fuggiranno l'ozio padre di tutti i vizj; da' quali infallibilmente ne sarebbero nati mille sconcerti, lasciando inoperosa tanta gioventù, che ora siam sicuri di evitare, perchè giunti di mano in mano questi bravi, e belli giovanetti, e fanciulle all'età adulta e propria, venendosi ad accoppiare, aumenterà sempre più questa sana, e robusta Popolazione, composta al giorno di oggi di 214 individui. Oltre i padri, e le madri di famiglia, che travagliano, sono già impiegati nelle manifatturie molti figliuoli dell'uno, e dell'altro sesso, ed in una famiglia, che ne ha alcuni grandi, bastantemente buoni artefici, il loro lucro giornale va da 10 a 12 carlini. Ora si è ingrandita la Casa di Belvedere per per riunirvi tutto il lavorio, e le manifatture, che erano disperse nelle diverse abitazioni, e per fare, che tutta quella gioventù sia riunita sotto gli occhi di quel degnissimo Parroco, e degli altri non men degni Sacerdoti, che c'invigilano. Si stanno anche edificando delle nuove case per comodo di que' giovani, che vanno giungendo all'età di potersi unire in matrimonio, e per quegli artefici forestieri, che si fissano nel luogo. Di questi ve ne sono alcuni siffatti, ed altri, che fanno il noviziato, non essendo che poco tempo, che son venuti. Lo stato presente delle cose giunto essendo ad un tal termine, ed avendosi riguardo all'avvenire, sembrami richiedere, che questa nascente Popolazione, che in pochi anni può divenir ben numerosa, riceve una norma, per sapere i retti sentieri, su de' quali possa dirigere i suoi passi con sicurezza; e nel tempo stesso sia in istato di conoscere la sua felice situazione; e questa da qual fonte derivi. Questa norma e queste leggi, da osservarsi dagli abitanti di San Leucio, che da ora innanzi considerar si debbono, come una medesima famiglia, son quelle, che Io quì propongo, e distendo, più in forma d'istruzione di un Padre a' suoi figli, che comandi di un Legislatore a' suoi sudditi. Procurerò, che sieno ristrette, ed adattate, per quanto più si può, allo stato presente, ed alle attuali circostanze di questa piccola nascente Popolazione, per cui son fatte. Se questa crescendo avrà bisogno di nuovi regolamenti, o se l'esperienza ne indicherà degli altri non preveduti, e necessarj, mi riserbo di darli, cercando peraltro di non allontanarmi da' principj fondamentali della presente istruzione. |
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