A
San Leucio l’arte di Battista Marello trova la sua espressività più
convincente. La storia, la cultura, il paesaggio di San Leucio
appartengono all’anima del Marello, che trasfonde in note altamente
poetiche tutte le vibrazioni dell’ambiente. Il linguaggio artistico che
si ritrova nell’esposizione sanleuciana è, però, profondamente
simbolico. Non c’è nessuna allegoria che faccia corrispondere gli
elementi espressivi a qualche dato della realtà concreta.
L’arte
del Marello raggiunge il fascino del simbolo dinamico, che invece di
descrivere la realtà, la interpreta e la trascende. Nella lievitazione
della trascendenza, appunto, si trova il segreto di una pittura e di una
scultura originali e innovative. Battista Marello è un sacerdote.
Penso,
però, che la sua vocazione venga si da Dio, ma soprattutto dalla sua
urgenza interiore di trasfigurare le cose in un cantico di fervore e di
bellezza. L’arte è congeniale alla sua natura d’uomo e quindi di
sacerdote. Si può definire sacra soltanto perché raffigura oggetti
sacri.
Rimane
certamente libera da schemi preconcetti per la novità delle intuizioni e
della composizione. Vale notare, tuttavia, che l’intensità di
percezione della trascendenza è talmente sensibile, per cui quest’arte
non scade mai in risvolti devozionali, ma si lancia sempre in un’ampia
emotività religiosa.
Il
Marello è stato sicuramente sollecitato dalle avanguardie figurative
contemporanee, ma solo sotto il profilo ideologico. Una fiducia
incondizionata nell’evento creativo lo porta a considerare l’arte
quale avamposto morale della società, quale fondamento della formazione
spirituale della persona. Egli non indulge mai a sperimentalismi
compositivi per una prepotenza di invenzione, che gli fa generare la
singola opera d’arte come messaggio di vita e come valore
insostituibile.